NIGERIA
Informazioni Utili
Capitale: Abuja
Popolazione: 217 milioni, secondo stime delle Nazioni Unite (2022).
Superficie: 923.768 km2
Fuso orario: stessa ora rispetto all'Italia, -1h quando in Italia vige l'ora legale.
Lingue: inglese, yoruba, hausa, igbo e altre.
Religioni: musulmani (poco piu' del 50%), cristiani (poco meno del 50%); nella parte meridionale e centrale del Paese permane l'influenza dei culti tradizionali locali.
Moneta: Naira (NGN), tasso di cambio ufficiale circa 462 Naira per dollaro USA (pari a circa 500 Naira per Euro, nel maggio 2023) .
Dagli inizi del 2022, il tasso di cambio dell'Euro sul mercato parallelo (applicato da cambisti ambulanti e, informalmente, da molti esercizi commerciali) si attesta in un range che va dalle 700 alle 780 Naira. La denominazione massima in circolazione (contante) é il biglietto da 1000 Naira.
Le carte di credito internazionali vengono raramente accettate in Nigeria e si consiglia di ridurne l'utilizzo allo stretto indispensabile, causa elevato rischio di truffe.
Prevale l'uso di carte di debito locali e contante.
Telefonia: i principali operatori nel Paese sono MTN, Globacom, Airtel, 9 Mobile e NTel. Schede SIM locali sono acquistabili anche all'arrivo in aeroporto, persino da non residenti.
Prefisso per l'Italia: 00939 (dai telefoni fissi) o +39 (dai cellulari)
Prefisso dall'Italia: 00234
Clima: il Paese è diviso tra una fascia prossima alla costa oceanica, caratterizzata da un clima adatto a foreste pluviali ed una fascia settentrionale a clima saheliano.
A nord si registrano temperature alte durante quasi tutto l'anno, con valori massimi intorno ai 45° C con scarsa umidità e forte escursione termica (temperature minime notturne che scendono fino ai 18°C).
A sud, inclusa la capitale economica Lagos, si registrano valori massimi intorno ai 35°C, con un tasso di umidità fino al 100% e minime intorno ai 23°C.
Negli altopiani centrali (Jos), la temperatura varia fra 14°C e 28°C.
Le piogge variano fra gli oltre 3.800 mm annui nel sud-est (da Warri a Port Harcourt) e meno di 650 mm nel nord–est (a Maiduguri e vicino al Lago Chad).
La durata della stagione delle piogge varia da 2-3 mesi al nord (giugno-settembre), fino a 5-6 mesi al centro-sud (aprile-ottobre).
La stagione più secca, associata al periodo del vento sahariano denominato “harmattan”, con la grande quantità di pulviscolo sabbioso in sospensione, potrebbe causare problemi respiratori ed acuire sindromi asmatiche a coloro che ne sono già affetti, ha una durata di 2-3 mesi al sud (da dicembre a febbraio), mentre al centro-nord inizia talvolta anche in ottobre e si prolunga fino a tutto marzo. Nella capitale Abuja il clima da fine giugno a metà ottobre circa é relativamente mite (massime di 30 gradi, minime di 20) a causa di nuvolosita' costante, con forti piogge di breve durata.
Nei restanti otto mesi dell'anno piove estremamente di rado e le temperature giornaliere, quando non temperate dalla polvere portata dal 'harmattan', superano regolarmente i 40 gradi di giorno ed i 25/27 gradi la notte.
Passaporto: Obbligatorio con 6 mesi di validità residua all'ingresso nel paese.
Visto: Obbligatorio da richiedere con largo anticipo presso l'Ambasciata Nigeriana a Roma.
E' obbligatorio registrare, prima della partenza dall'Italia, il proprio viaggio in Nigeria sul sito del Governo nigeriano.
La pratica di visto deve comunque essere avviata attraverso il sito web del Servizio di Immigrazione della Nigeria.
La Nigeria, è un groviglio di mondi e di storie, di culture Haussa musulmane negli antichi sultanati o nei lamidat Fulani, di foreste sacre Yoruba disseminate di divinità vudù e sacerdotesse, di mistici regni Igbo e di sincretismo cristiano, tra retaggi coloniali e tristi memorie negriere.
Simbolo della complessità di questo mosaico di mondi e di realtà economiche opposte, è la megalopoli di Lagos.
La Silicon Valley d’Africa ma anche patria della cybercriminalità, esempio eclatante della sovrappopolazione mondiale ma anche di un’economia galoppante tutta africana, che accoglie la fiorente industria cinematografica di Nollywood e i templi culturali contemporanei più all’avanguardia, sulla scia del premio Nobel letterario Sonyinka e del padre dell’Afrobeat Fela Kuti.
Città di imprenditori milionari e di slum tra i più poveri del continente, quali il villaggio su palafitte di Makoko, che ha fatto del proprio tradizionale isolamento di comunità di pescatori, l’unica arma di riscatto davanti alla povertà.
Lagos è un intero universo tutto nigeriano, dove attorno alle vie più trafficate del mondo, ruota la maggior parte dell’economia della nazione e dell’intero continente africano, di cui è il primo produttore di petrolio, estratto sul Delta del Niger.
Difficile per la politica amministrare un tale mosaico di contrasti, il cui equilibrio è prevalentemente affidato alla tradizione, unico vero collante di identità, mantenute in bilico come un grande castello di carte.
Basta percorrere pochi chilometri dalla capitale per ritrovare un mondo di tradizioni antichissime e oasi di pace naturalistiche, impregnate di spiritualità vudù, garanti dell’identità, dell’ordine sociale ancestrale e della salvaguardia di foreste sacre, altrimenti destinate a sparire.
Siamo nelle terre Edo dell’antico Regno del Benin, e Yoruba del Regno di Ifé, retto da un Ooni e dagli Oba, depositari di un variopinto e mistico universo di divinità vudù, tra cui la dea Osun è la più potente, a cui è dedicata l’ultima foresta primaria della Nigeria a Osogbo.
Il metodo migliore per immergersi nelle tradizioni dei tanti popoli e culture che dimorano in Nigeria, è quello di partecipare alle numerose cerimonie tradizionali che attraversano il paese.
Dal Carnevale di Calabar, di reminiscenza portoghese, nella terra Igbo del tristemente noto Biafra, al Festival dei pescatori di Argungu, antico Regno di Kebbi, passando per la cerimonia annuale Yorouba dell’Osun a Osogbo, e il privilegio, se la situazione securitaria lo permette, di essere ricevuti dall’Emiro del Regno di Kano, in un variopinto turbinio colorato di parate equestri e devozione alla guida spirituale musulmana, che esercita dal suo palazzo vecchio di 600 anni, tra gli echi epici di antiche carovane transahariane.
Yorubaland, un termine che geo-politicamente non esisterebbe, ma che tuttavia individua una vasta regione culturale africana (inclusa Lagos), in cui un solo popolo, gli Yoruba, di circa 40 milioni di individui, vive tra il sud-ovest della Nigeria, ma anche in parte del Benin e del Togo, accomunati dalla stessa lingua, da una stessa storia ed origini, tramandandosi di generazione in generazione, usi, costumi e spiritualità ancestrali, più forti ed identitarie del progresso e delle separazioni geopolitiche, imposte dal colonialismo.
Siamo nelle terre dell’antico Regno di Ifé, tra piane costiere e foreste tropicali, gallerie di mangrovie ed estuari fluviali, pianori e colline rocciose granitiche che puntellano le fertili vallate dell’interno. Qui si sviluppò l’evoluta civiltà agricola degli Yoruba nel X secolo, regolata politicamente dalla guida dei capi-clan Oba, ancora oggi attivi, oltre che da un variopinto e mistico universo di divinità vudù, talmente caratteristico che si parla di una vera e propria religione yoruba. Basti pensare che molti degli aspetti delle manifestazioni spirituali di questo popolo, sono oggi riconosciuti patrimonio intangibile dell’umanità dall’UNESCO, per rendersi conto di quanto sia ricca la cultura yoruba, i cui echi raggiunsero e si insediarono anche nelle Americhe, attraverso le deportazioni forzate della tratta negriera.
Badagry, Abekouta, Oyo, Osogbo, sono ancora oggi importanti centri, depositari di storia, cultura e tradizioni ancestrali, che si svilupparono nei secoli attorno alla antica città-stato di Ifé, facendo fortuna con la produzione di olio di palma, piantagioni di cacao, gomma arabica, cotone o igname e soprattutto con il commercio di schiavi.
Fu Badagry il principale porto sull’Atlantico, che ancora oggi conserva i luoghi-simbolo della triste memoria della schiavitù.
Tappe obbligate in una visita introspettiva e toccante di questo luogo storico, sono l’antico mercato degli schiavi, un museo che raccoglie le testimonianze e gli oggetti legati al triste commercio e la porta del non ritorno, che marca il punto esatto da cui vennero imbarcati milioni di individui verso le Americhe, sotto lo sguardo protettivo dell’Orisha Yemoja.
Tra l’Olimpo delle divinità yoruba, i riti ancestrali più suggestivi sono quelli riservati agli Egungun, che rappresentano gli spiriti degli antenati deportati, dalle vorticose movenze e i costumi riccamente decorati, quelli degli Epa legati alla fertilità, o le meravigliose processioni di danzatori Eyo. Un posto particolare è riservato alla dea protettrice e benevola Osun, a cui è dedicata l’ultima foresta primaria della Nigeria a Osogbo, dichiarata Patrimonio UNESCO. Qui, ogni anno in agosto, una cerimonia collettiva le viene consacrata, tra suggestive preghiere, sacrifici e riti vudù.
Il Festival di Osun è uno degli eventi più sacri al popolo Yoruba, all’interno della foresta, dove la natura incantata e i numerosi santuari e luoghi di culto, impregnano l’atmosfera di una mistica devozione.
Ricca di storia e misticismo è anche la città di Abekouta, fondata nel XIX secolo dalle popolazioni yoruba del sottogruppo Egba, perseguitate dalle incursioni del Regno di Dahomey e da quelle della vicina Ibadan, oggi una delle metropoli più vaste dello Yorubaland. Circondata di fertili terre e suggestive rocce dalle quali deriva l’etimologia stessa del suo nome, Abekouta si raccolse attorno alla impressionante fortezza naturale e difensiva della Olumo Rock, una splendida roccia di granito che domina la città, investita ancora oggi di sacralità, che la rende meta di pellegrinaggi e sacrifici rituali. La magia che si respira negli anfratti, un tempo abitati, di questo luogo, è accentuata anche dalla magnifica vista sulla città, sull’antica cinta muraria di argilla, e sulle verdi piantagioni di cotone e palma da olio che circondano l’abitato.
Capitale dell’antico Regno Yoruba di Oyo, fu invece la cittadina omonima che venne fondata nel XIX secolo attorno alla corte dell’Alaafin, titolo riservato all’Imperatore locale che governava dall’ancestrale palazzo reale, costruito secondo le tecniche tradizionali e splendidamente decorato di motivi simbolici. Ma la culla storica dello Yorubaland è senza dubbio Ifé, o meglio Ilé-Ifé, la cui fondazione si perde nella notte dei tempi ed è legata alla creazione stessa dell’umanità, secondo la religione yoruba. Pur essendo stata conquistata dall’Oba di Benin City e inglobata nel XV secolo nel Regno Edo del Benin, Ifé rimase il centro spirituale e il luogo più sacro all’intero popolo Yoruba. Antichi santuari vengono qui ancora oggi venerati e sono meta di pellegrinaggi, tra un variopinto gotha di divinità Orisha antichissime, una ritualità ricca di tradizioni ancestrali e corredata da un universo artistico tra i più preziosi dello Yorubaland e dell’Africa intera. Un mondo fantastico di leggende, miti e storia reale, i cui resti tangibili sono riapparsi con i primi scavi archeologici nel corso del XX secolo, condotti dal tedesco Frobenius. Oggetti di estrema raffinatezza, in pietra e terracotta, ottone e rame. Feticci antropomorfi, sculture animali e busti a grandezza naturale, gioielli e maschere, tra cui quella in bronzo del re Obalufon II, capolavoro del XIV secolo, conservato nel museo cittadino. Un campionario artistico impressionante, plasmato con estremo realismo, e con una capacità tecnica come non si era mai visto prima nell’arte arcaica africana, che rendono il Regno di Ifé uno dei più evoluti e raffinati della storia del continente.
Le savane a nord-ovest della Nigeria, bagnate dai fiumi Niger e Rima, furono storicamente le terre del potente Regno Haussa di Kebbi, di cui la città di Argungu ne è ancora oggi una delle principali roccaforti tradizionali.
Qui, tra antiche usanze agro-pastorali e piccole comunità di pescatori fluviali, si inscena ogni anno una movimentata competizione, l’Argungu Fishing Festival, suggestiva espressione della cultura locale kebbawa, inserita dal 2016 tra la lista del Patrimonio Immateriale UNESCO.
Assieme alle colorate parate a cavallo dei Festival del Durbar (il più famoso è quello di Kano), l’Argungu Festival è uno degli eventi più caratteristici e pittoreschi della Nigeria settentrionale musulmana, nato nel 1934 per celebrare la fine delle secolari ostilità tra l’Emirato di Argungu, erede del Regno di Kebbi, e il Califfato Peulh di Sokoto, potente teocrazia espansionista, a cui si dovette la maggior parte dell’islamizzazione del nord, nel corso dei secoli.
Da allora, il festival si è regolarmente svolto ad ogni primavera, sulle rive del Fiume Rima, quale simbolo di riconciliazione tra i due popoli, e come prova dimostrativa del valore e dell’abilità dei giovani pescatori Kebbawa.
Della durata di 4 giorni, la kermesse attira numerosissimi partecipanti, grazie al ricco montepremi in palio al vincitore, e migliaia di spettatori che fanno da allegra cornice all’evento. Tra gare in canoa, parate a cavallo e dromedario, match di lotta e pugilato, l’apice del festival è raggiunto quando, una miriade di giovani entra in acqua con i filetti tradizionali, le grandi calebasse galleggianti, o spesso anche a mani nude, nella speranza di catturare, in appena un’ora di gara, il pesce più grosso.
Principale presupposto della competizione, è il divieto imperativo di utilizzare mezzi e tecniche di pesca moderni. Dalle piroghe, i giudici seguono con attenzione scrupolosa lo svolgimento della pesca, mentre sulle sponde, i musicisti e gli astanti, ballano, cantano e incitano i partecipanti in un turbinio festoso, tra una folla incredibile che occupa l’intera superficie dell’acqua e delle sponde del fiume. Immagini veramente coinvolgenti e scenari quasi surreali, per questo evento storico tra i più partecipativi dell’intera Nigeria, assolutamente da non perdere.
Una curiosità: nell’edizione del 2005 è stato raggiunto il record da un vincitore che è riuscito a catturare un pesce di ben 75 kg, per il quale c’è voluta la forza di quattro uomini, nel trasportarlo ed issarlo sulla bilancia.
Una visita allo storico Museo Kanta di Argungu, completerà la suggestiva full immersionnella cultura e tradizioni del popolo Haussa-Kebbawa. Il museo sorge nell’antico palazzo di argilla dell’Emirato di Argungu, edificato nel 1831 ed intitolato a Muhammad Kanta, fondatore nel XVI secolo del Regno di Kebbi. Al suo interno, un’esposizione di oggetti ed armi, ripercorrono la travagliata esistenza di questo antico regno musulmano.
Ogni venerdì, dopo la grande preghiera, è usanza che l’Emiro in carica si rechi al museo, a rendere omaggio ai propri antenati, ovvero alle spoglie dei suoi predecessori ivi conservate, e di cui questo splendido edificio ne custodisce le glorie e le memorie, oltre ad essere una delle principali espressioni architettoniche delle tradizioni locali.
Il nord della Nigeria, fino a poco tempo fa praticamente inaccessibile per motivi di sicurezza, si sta cautamente riaprendo al turismo internazionale, svelandosi in tutta la propria ricchezza culturale, fatta di antiche tradizioni ed eccentriche corti di Teocrati Fulani ed Emiri Hausa, in un suggestivo “feudalesimo africano” ed atmosfere da “mille e una notte”.
Una storia antica e tra le più complesse del Continente, caratterizzata da continui giochi di potere tra Emirati Fulani ed Hausa, eredi del ricco e potente Califfato di Sokoto, dei tempi della Jihad di Dan Fodio.
Siamo tra le regioni più remote ed inaccessibili, ma anche tra le più potenti, del nord della Nigeria.
Tra gli Stati-Emirati di Kano, Kaduna, Jigawa, Bauchi, le Corti di Zaria e Dutse, tra ambientazioni che sembrerebbero quasi un set cinematografico: caratteristici palazzi reali dalle complesse geometrie tradizionali Hausa; ricchi cerimoniali di corte e sfarzose parate a cavallo del Durbar; cortei di cortigiani con i loro turbanti e gli ampi boubou, dai colori intensi e dai ricchi ricami; teorie di cavalli bardati dei loro paramenti migliori, per omaggiare i regnanti e gli ospiti, durante le celebrazioni musulmane o in occasioni particolari.
Da non perdere, gli spettacoli dei saltimbanchi-santoni Gadawan Kuradetti “uomini iena”, ammirati e temuti dalla popolazione locale per i loro poteri magici, che ammaestrano iene, pitoni e babbuini, inscenando riti concitati dove le madri danno “in pasto” alle iene i loro neonati, per proteggerli misticamente e renderli più forti.
Caratteristici sono i movimentati incontri di boxe di strada, sport tradizionale degli Hausa, chiamatodambe e la cerimonia sharo dei Fulani, un rito di passaggio all’età adulta, in cui i giovani devono provare la propria virilità e coraggio, subendo fustigazioni.
Victoria e Lagos Island, sono i cuori pulsanti della vita culturale, sociale ed economica della città, tra un mosaico di edifici ultramoderni del gotha imprenditoriale e reminiscenze coloniali nel cosiddetto Quartiere Brasiliano. E’ qui che si concentrano la maggior parte degli affari della nazione, tra alberghi lussuosi e ristoranti di ultimo grido, uffici ed imprese dal fatturato vertiginoso, negozi di design e rinomate gallerie d’arte, che fanno della Nigeria una delle più importanti e facoltose piazze internazionali del collezionismo e del mercato contemporaneo d’arte africana.
Giusto di fronte, delimitato dall’interminabile Third Mainland Bridge, è Makoko, un quartiere popolare che accoglie l’immenso slum galleggiante ed interamente abusivo, formato da una miriade di baracche costruite su palafitte, adagiate sulla laguna ed abitate da circa 120.000 persone. Un affascinante mélange di antiche tradizioni vudù, comunità di pescatori, in prevalenza immigrati che vivono di sussistenza, e una cultura ancestrale che resiste allo sfratto e all’avanzata del progresso, un po’ per mancanza di mezzi, un po’ per scelta, a soli pochi passi dalle ricche élite nigeriane.
A sud-est è invece Lekki, un’immensa lingua di terra, tra Oceano e Laguna, in un tripudio di ristoranti e locali alla moda, gallerie d’arte e boutique artigianali, alberghi e quartieri residenziali, zone commerciali moderne e una vita notturna movimentata, tra le belle spiagge attrezzate. Ma qui sono anche alcune zone naturalistiche, rimaste completamente vergini e primordiali, come la Lekki Conservation Area, habitat di numerose specie di flora e di fauna, osservabili da un elettrizzante ponte sospeso di liane.
Questi quattro volti principali, accompagnano altrettanti caratteri di Lagos, che coabitano, stridono, si alternano e dialogano vivacemente tra loro, in un equilibrio tutto lagosiano che comprende un’infinità di altre sfaccettature e sfumature, rendendola una delle megalopoli più affascinanti e complesse del mondo intero.
Lagos offre quindi mille spunti per essere vissuta in tutta la sua prorompente vitalità e scrutata con attenzione tra il traffico fagocitante e brulicante di umanità: una giornata di mare a Tarqwa Bay o a Lighthouse e Landmark; una visita alla Cattedrale Holy Cross o tra i luoghi-simbolo coloniali della schiavitù; un’escursione in piroga fino allo slum galleggiante di Makoko; un’immersione nella natura della Lekki Conservation Area.
Alcune chicche da non perdere: il tempio afrobeat della Kalakuta Republic, quartier generale della protesta politica musicale anni ’70 e ’80, portata avanti dal famoso musicista Fela Kuti; l’impressionante Galleria d’Arte Nike, che espone una collezione di 8.000 opere distribuite nei 5 piani dell’edificio; una serata tra le limousine e i locali all’ultimo grido di Victoria e Lagos Island, passerelle della “fashion & lifestyle”, ostentata dalle opulenti élite lagosiane.
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